“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.” – Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, Articolo 1
“Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.” – Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, Articolo 3
Articolo 1
Liberə di essere
Libertà, autodeterminazione, rispetto della dignità e dell’integrità fisica e morale di ogni individuo sono principi basilari della convivenza civile, riconosciuti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, dalla Costituzione della Repubblica Italiana, e da numerosi altri codici e leggi nel mondo, inscritti nell’idea stessa della civiltà umana, o come la chiama la Dichiarazione Universale, della grande famiglia umana.
Se guardiamo alle nostre società e a quanto accade in molti Paesi del mondo, dobbiamo constatare che questi alti valori non solo non sono praticati ma vengono consapevolmente disattesi, screditati, calpestati, in nome sempre più spesso di contese economiche e territoriali, del potere, di presunte identità di razza e ideologie che credevamo archiviate in un passato remoto.
Anche in Italia, il Governo, invece di spendersi per aumentare le tutele per ogni cittadino, ostacola i percorsi di autoaffermazione, non riconosce la realtà delle famiglie arcobaleno, nega la necessità di una legge contro l’omolesbobitransafobia, e si è rifiutato di firmare la Dichiarazione UE per i diritti delle persone LGBTQIA+.
Le associazioni del Coordinamento Arcobaleno di Milano in occasione del Milano Pride 2024 vogliono urlare a gran voce che non ci si può abituare all’idea che il cammino dell’umanità debba essere minacciato e stravolto da logiche di violenza, sopraffazione, guerra e discriminazione.
Vogliamo costruire una società dove tuttə sono liberə di essere!
Articolo 2
Liberə di esistere
Tutte le persone devono essere innanzitutto rispettatə nel diritto alla vita, all’integrità fisica e alla dignità, senza discriminazioni per la propria religione, cultura, lingua, appartenenza sociale, identità di genere e orientamento.
La lotta contro ogni forma di violazione dei fondamentali diritti umani deve essere parte integrante delle rivendicazioni delle Comunità LGBTQIA+: le lotte per i diritti umani sono tutte interconnesse, in una logica di piena intersezionalità. Inoltre, le nostre battaglie hanno respiro internazionale perché il movimento dei pride è un movimento globale che non può fermarsi ai confini degli Stati.
Pertanto, il Milano PRIDE è l’occasione per ricordare che a troppe persone viene negata la vita e la dignità nei tanti conflitti in corso nel mondo e oggi pensiamo, in particolare, all’Ucraina e al popolo palestinese che vive nella Striscia di Gaza, emarginato sulla base della propria identità culturale, religiosa e sociale ed oggetto di una disumanizzazione feroce finalizzata a giustificare un massacro che assomiglia sempre di piú a un genocidio. L’aggressione che sta colpendo un intero popolo causando decine di migliaia di vittime civili non può essere in alcun modo giustificata da altra violenza né essere la soluzione al conflitto che da troppi anni affligge chi vive in quel lembo di terra.
La politica italiana deve richiedere con forza l’immediato cessate il fuoco – che faciliterebbe anche il rilascio degli ostaggi -, l’arrivo dei necessari aiuti umanitari indispensabili per prevenire la morte di migliaia di persone per fame e malattie, e il puntuale rispetto ed esecuzione del diritto internazionale. Solo così si potrà pensare alla ripresa della faticosa via della mediazione, della pacificazione e di un futuro condiviso di pace.
Pensiamo anche alle tante donne uccise per femminicidio, in tutto il mondo e qui accanto a noi, nelle nostre città, con livelli di violenza e di sistematicità che non sono più tollerabili. Uomini, organizzazioni e istituzioni devono tenere ogni giorno alta la priorità sul contrasto al maschilismo tossico e ai retaggi patriarcali che a tutti i livelli – a scuola, sul lavoro, nelle istituzioni, in famiglia – vorrebbero ancora oggi costringere le donne in una condizione di sudditanza economica, sociale e culturale. Basta alla violenza sulle donne! Sì alla parità di diritti, di salario, di visibilità, di rappresentanza.
Ricordiamo inoltre le persone transgender che sono vittime della transfobia e di una coercitiva forma di controllo sociale che le spinge ai margini, nega loro i diritti basilari e arriva perfino alla eliminazione fisica.
Liberə di essere sé stessə in piena libertà, autodeterminazione e secondo la propria identità.
Tutte le persone transgender, non-binarie e di genere non conforme devono essere rispettate nel proprio percorso di affermazione di genere.
È dovere dello Stato, delle Istituzioni e anche del Comune di Milano, stare a fianco di tutte lə cittadinə a prescindere dalla loro identità sessuale.
Al contrario vediamo che si cerca di rendere poco praticabile, più complessa, costosa, escludente e difficile l’applicazione della Legge 164 che regola i percorsi di affermazione di genere, nella prassi buttando tutti gli oneri sulle famiglie e lə singolə cittadinə, attraverso dei percorsi preconfezionati che non riconoscono l’autodeterminazione delle persone transgender.
Inoltre, laddove in linea con gli ultimi studi ed evidenze scientifiche e a livello internazionale, si applicano buone prassi per promuovere il benessere – la felicità – delle persone transgender, si guarda con sospetto, si mettono nuovi ostacoli, si vuole portare indietro l’orologio, rifacendosi a credenze e teorie ormai del tutto superate.
Liberə di essere famiglie.
Tutte le persone devono poter essere liberə di scegliere chi amare, con chi vivere, con chi costruire la propria famiglia. Le famiglie omosessuali, che in Italia da qualche anno sono riconosciute anche dalla legge sulle Unioni Civili, devono avere lo stesso valore davanti alla Legge, ma ad oggi non è così, perché le coppie dello stesso sesso non possono accedere alle adozioni e alle tecniche di fecondazione assistita, garantite alle coppie eterosessuali.
Secondo lo Stato italiano ad oggi le coppie omosessuali dovrebbero restare sterili, non possono avere figli in nessun modo, e quando invece generano figli, li vogliono allevare e prendersene cura come coppia, non vengono riconosciuti! Basta alla sterilità e agli orfani di Stato!
Vogliamo una società costruita sulla base dei diritti umani, dove tutte le persone siano riconosciutə, rispettatə e liberə di essere!
Articolo 3
Liberə di essere sé stessə
Con il Governo Meloni, constatiamo che le persone transgender sono entrate nel mirino della politica italiana, che continua a perpetrare veri e propri attacchi diretti con il mero scopo di raccogliere consensi, senza reale interesse per la vita delle persone coinvolte.
Questo sta anzi fomentando un clima di odio nei confronti della comunità transgender, che si tocca con mano anche nella “città dei diritti”. Ricordiamo infatti con orrore ciò che è avvenuto nei confronti di Bruna, la donna transgender picchiata dalla polizia locale di Milano lo scorso anno, ed i tre appuntamenti sotto alla Regione Lombardia, che ha presentato la mozione contro le carriere alias. Attacchi che si sono intensificati negli ultimi mesi, quando il Governo ha deciso di concentrarsi ancora di più sulla repressione di una comunità già marginalizzata, e per questo invisibile agli occhi dell’opinione pubblica, che ne conosce esclusivamente gli scandali raccontati attraverso un utilizzo mirato dei media.
Si è così fatto spazio nel panorama mediatico a una narrazione che non appartiene alla comunità, che è polarizzante e superficiale, e si serve dell’innocenza dell’infanzia nel tentativo di costruire nuovi mostri sulla base di presunte “ideologie”. Una propaganda che strumentalizza lə bambinə e punta tutto sulla paura di chi ne ignora la tematica transgenere, smuovendo gli istinti più bassi dell’opinione pubblica.
Le ispezioni ministeriali al Careggi di Firenze sono un chiaro esempio di come non si sia voluto intervenire per il benessere dellə minorenni transgender assistitə nei loro percorsi di affermazione di genere, lasciandone le reali esigenze inascoltate, insieme alle voci dei loro genitori che con fermezza hanno cercato di difenderlə. A tale proposito, anche in Regione Lombardia è stato vietato l’accesso alla triptorelina, un farmaco che invece lə minorə non transgender possono continuare ad utilizzare, a prova di un attacco puramente ideologico.
Ideologica è anche la maxi commissione istituita dal Governo per riscrivere le linee guida sui percorsi di affermazione di genere, composta da 29 cosiddetti “esperti” tra i quali però non figura alcun rappresentante della comunità transgender e lgbtqia+. La realtà e l’autodeterminazione vengono sostituite quindi dalla propaganda, a discapito delle nostre vite, che continuano a essere calpestate anche quando veniamo a mancare.
Il recente caso di Vizzolo Predabissi che ha coinvolto un ragazzo transgender, suicidatosi a seguito della violenza sessuale subita all’interno dell’ospedale a cui si era rivolto già in uno stato di evidente fragilità mentale, resta una ferita dolorosissima per la nostra comunità, che perde un altro fratello a causa della non curanza e della mancata preparazione di chi dovrebbe assistere indistintamente ogni persona. Un fatto che si fa più gravoso a causa della narrazione mediatica intorno alla vicenda, che ne ha privato il soggetto della sua reale identità e quindi della sua dignità in quanto persona transgender.
Siamo stanchə dei soprusi. Non intendiamo restare a guardare, specie a fronte della consapevolezza che il nostro Paese, anche quest’anno primo in Europa per reati ai danni della comunità trangender, non solo ci attacca pubblicamente, ma si garantisce di poterlo fare non firmando la dichiarazione Europea sui diritti LGBTQIA+.
È tempo che le identità transgender vengano riconosciute in quanto naturali. È tempo che le nostre voci vengano ascoltate e le nostre esperienze rispettate nella loro complessità.
Vogliamo poterci autodeterminare. Vogliamo essere liberə di essere!
Articolo 4
Liberə di essere famiglie
Esiste un concetto di famiglia “giusto” ed uno di famiglia “sbagliata”?
Troppo spesso nel nostro Paese vediamo sostenere giudizi morali contro le famiglie omogenitoriali, basati in realtà sull’ignoranza, il pregiudizio, l’ipocrisia, ma anche la volontà di esclusione e di ghettizzazione; tutto questo per la paura di una forma di famiglia che non si conforma alla maggioranza.
Saremmo famiglie diverse. Ma diverse da cosa? Ci sono, sono esistite nel corso del tempo ed esistono di fatto, varie forme di famiglie come quelle monogenitoriali, omogenitoriali, i nuclei familiari ricostruiti, nuclei allargati, che vivono una quotidianità che necessita tutele. Demografi, sociologi e studiosi di antropologia sono concordi nel definire la famiglia come un nucleo sociale composto da più persone che si sentono legate tra loro, non solo da rapporti di parentela ma anche affettivi. Non basta attenersi a questo per riconoscere una famiglia? O vogliamo famiglie di serie A e altre di serie B?
La Costituzione, che rappresenta il nostro caposaldo istituzionale, definisce il concetto di diversità riconoscendo il diritto di ogni individuo a essere rispettato a prescindere da tutte le sue caratteristiche.
Rivendichiamo il nostro diritto alla felicità, ad avere una famiglia, che scegliamo liberamente, e a viverla alla luce del sole. Chiediamo tutele e un pieno riconoscimento sociale per tutte le famiglie reali che oggi esistono ed hanno bisogno di tutela legislativa che le rappresenti, che renda tutte le persone lgbtqia+ in diritto di scegliere se essere felici in coppia e/o avere una famiglia con dei figlə.
Vogliamo uscire dal concetto di sterilità sociale imposto alle famiglie arcobaleno da una società che insegue una realtà in bianco e nero superata da almeno 20 anni.
Anche quest’anno dobbiamo prendere atto, invece, che le politiche del Governo hanno reso ancora più difficile questa situazione, attaccando le famiglie arcobaleno e togliendo tutele ai minori, cui viene negato il diritto di avere legalmente riconosciuti entrambi i genitori se appartenenti alla comunità lgbtqia+.
Ribadiamo con forza che l’amore da solo non basta a tutelarci. Serve una legge sulla filiazione che riconosca e tuteli ogni componente del nucleo familiare omogenitoriale alla nascita, non obbligando più a ricorrere ai tribunali. La legge potrebbe basarsi su quanto le sentenze riportano da più di 10 anni: la quasi totalità delle cause portate avanti dalle famiglie omogenitoriali per l’adozione in casi speciali hanno avuto esito positivo per il nucleo familiare, che è stato dichiarato luogo di affetto in cui i minori si riconoscono e vivono serenamente.
In Italia, inoltre, le tecniche di procreazione assistita sono riservate solo alle coppie maggiorenni ed eterosessuali, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile. Non possono accedervi le persone single e nemmeno le coppie appartenenti alla comunità lgbtqia+.
Allo stesso modo le adozioni sono precluse alle coppie dello stesso sesso e alle persone single.
Questo vale anche per tutte quelle coppie che ricorrono alla gestazione per altri (GPA), una pratica che – a differenza delle tante fake news diffuse da certi partiti conservatori e dai media – non solo è ampiamente diffusa tra le coppie eterosessuali, ma regolamentata, legittimata e riconosciuta in numerosi Paesi nel mondo da più di 20 anni.
Questo Governo invece è arrivato al punto da presentare un disegno di legge per rendere la GPA un reato universale, cioè punito anche se commesso all’estero. Un atto ideologico e sproporzionato. Un accanimento che non trova ragioni visto che la gestazione per altri è già aspramente vietata nel nostro Paese, con una reclusione da 3 mesi a 2 anni e una multa da 600.000 ad un milione di euro. Sarebbe importante abbandonare le ideologie astratte e promuovere una legge equilibrata, che normi e consenta la GPA, tutelando tutte le parti coinvolte.
Articolo 5
Liberə di crescere - una scuola per tuttə
Contrasto alla violenza di genere e bullismo di matrice omolesbobitransafobica nelle scuole
Le scuole e le università dovrebbero essere luoghi di conoscenza, crescita e sviluppo personale, ambienti sicuri dove ogni individuo è trattato con rispetto e uguaglianza. Questi istituti hanno il fondamentale compito di formare cittadini consapevoli, empatici e preparati a vivere in una società diversificata e inclusiva.
Tuttavia, la realtà è spesso lontana da questo ideale utopico: le tematiche di genere e sessualità sono frequentemente ignorate o trattate con superficialità, creando situazioni in cui studenti e docenti vengono silenziati, emarginati e lasciati senza strumenti per reagire di fronte a evidenti discriminazioni. Emblematico è il caso della professoressa Bianco, professoressa che, quando con coraggio ha deciso di vivere apertamente la sua vita come donna transgender, è stata allontanata da scuola, quel luogo che più di tutti dovrebbe proteggere la libertà e l’inclusione, portandola a preferire il suicidio all’emarginazione. Questo grave fatto di cronaca ci ricorda quanto sia urgente intervenire.
Chiediamo che nelle scuole di ogni ordine e grado venga dedicato uno spazio adeguato all’educazione sulle tematiche queer. Solo così potremo sfatare il mito del “gender” e promuovere una comprensione più profonda e autentica delle esperienze delle persone queer.
È attraverso l’educazione che possiamo coltivare il rispetto e l’accettazione, e soprattutto eliminare le discriminazioni alla radice: l’ignoranza. Immaginiamo una società dove le istituzioni educative prendono un impegno concreto e duraturo per contrastare la violenza di genere e il bullismo di matrice omolesbobitransafobica, creando spazi di apprendimento sicuri e inclusivi per tutti.
Carriere alias nelle scuole superiori e Università basate su autocertificazione
Un altro passo fondamentale per garantire la sicurezza di tutte le persone transgender nell’ambiente scolastico è regolare l’accesso alle carriere alias, così che la quotidianità possa essere vissuta senza essere perseguitate da un nome che impatta gravemente la loro salute mentale.
Ad oggi, la disponibilità di accedere o meno a questo servizio e la modalità con cui è possibile farlo dipendono interamente dalla singola istituzione. Ciò genera frequenti casi di abbandono degli studi, in una situazione attuale in cui poco meno della metà delle università lombarde offre la possibilità di accedere a una carriera alias. Di queste, sono ancora meno le università che non richiedono un nulla osta certificante l’inizio di un percorso medico di affermazione di genere. Ciò è incredibilmente problematico per due principali motivi. Prima di tutto, genera profonde discriminazioni basate sulla disponibilità economica, dato che ottenere tali certificati passando per il canale pubblico della sanità può richiedere anche un anno di attesa, prolungando inutilmente lo stato di malessere de*lə studentə transgender. Inoltre, non ogni persona transgender vuole necessariamente accedere a tali percorsi, per cui si priva la possibilità a queste di vivere una vita studentesca al pari di chiunque altro.
È quindi necessario che lo Stato intervenga ponendo l’obbligo di istituire le carriere alias in ogni istituto, con delle linee guida che non richiedano documenti ufficiali per poter accedere a tale servizio, ma solo una autocertificazione indicante il nome preferito, come già avviene in troppe poche università, senza creare alcun disagio o intoppo all’istituzione e a nessun altro.
Bagni e spazi genderless
Qualche mese fa è arrivata sui giornali americani una notizia terribile, di una persona non-binary, Nex Benedict aggredita nei bagni scolastici. Questo attacco ha portato unə ragazzə di soli 16 anni a togliersi la vita. Eventi come questo si presentano con una frequenza allarmante.
Di fronte a tragedie come questa, l’esigenza di ottenere degli spazi genderless diventa una vera e propria necessità. Avere bagni e spogliatoi non divisi per genere non è un privilegio, è una misura di sicurezza in un mondo in cui le persone trans* si trovano prive di spazi sicuri.
Nel 2023 sono state 321 le vittime di transfobia, 321 vite che avremmo potuto salvare, per cui ogni essere umano deve sentirsi responsabile. Gli spazi genderless da soli non risolvono il problema della transfobia, ma sono un gesto importante che può migliorare immensamente la vita quotidiana delle persone transgender.
Leggi di più↘︎
Leggi di più↘︎
Leggi di più↘︎
Leggi di più↘︎
Leggi di più↘︎
Cookie | Durata | Descrizione |
---|---|---|
cookielawinfo-checkbox-analytics | 11 months | This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Analytics". |
cookielawinfo-checkbox-functional | 11 months | The cookie is set by GDPR cookie consent to record the user consent for the cookies in the category "Functional". |
cookielawinfo-checkbox-necessary | 11 months | This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookies is used to store the user consent for the cookies in the category "Necessary". |
cookielawinfo-checkbox-others | 11 months | This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Other. |
cookielawinfo-checkbox-performance | 11 months | This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Performance". |
viewed_cookie_policy | 11 months | The cookie is set by the GDPR Cookie Consent plugin and is used to store whether or not user has consented to the use of cookies. It does not store any personal data. |