Abbiamo raccolto in questa pagina le risposte a una serie di domande che ci sono state poste in passato. Speriamo vi siano utili.
Chi organizza il Milano Pride?
Il Milano Pride è organizzato dal team di volontariə e attivistə che compone la Commissione Pride del CIG Arcigay Milano, in collaborazione con le associazioni del Coordinamento Arcobaleno. È un gruppo di realtà senza scopo di lucro, che si assume le responsabilità legali, politiche ed economiche della manifestazione. In altri contesti il Pride è organizzato da enti commerciali che operano secondo logiche di profitto. Questo modello, seppur legittimo, può presentare diverse criticità.
Le persone volontarie che si impegnano oggi per la buona riuscita del Pride dedicano gratuitamente tempo ed energie alla causa per circa un anno.
Non finiremo mai di ringraziarle.
Come posso contribuire?
Se ti va di portare il tuo contributo – in termini di tempo, idee, proposte, passioni – puoi farlo scrivendo a volontari@milanopride.it.
Ti faremo così sapere quando ci sarà la prima riunione per organizzare il nuovo Pride. In genere si parte a settembre.
Ci sono vari gruppi di lavoro, da chi si occupa della parata a chi degli eventi, da chi dialoga con gli sponsor a chi elabora i contenuti e così via.
Come vengono decisi gli eventi del Milano Pride?
Il Pride di Milano è da sempre guidato dalle associazioni e sono queste a proporre l’ossatura di iniziative che compone le Pride Square, i momenti cioè di talk, incontri e discussioni che avvengono nei giorni prima della parata in zona Porta Venezia.
Esistono poi una serie di eventi organizzati autonomamente da realtà cittadine – gruppi informali, locali, aziende, organizzazioni terze, artistə, semplici cittadinə – e che sono ospitati all’interno di un calendario-cornice che chiamiamo “Pride Month”. Un po’ come se fosse il Fuorisalone del Pride. La città si riempie di iniziative arcobaleno e noi siamo felici di questo effetto generativo del Milano Pride.
Come decidete chi invitare al Pride?
Al Milano Pride, sia negli eventi collaterali sia nell’evento finale, cerchiamo di invitare sempre soggettività diverse, che possano rappresentare la ricchezza degli universi della comunità LGBTQIA+. Anche quest’anno abbiamo avuto persone di diverse identità di genere, orientamento sessuale, etnia, persone con corpi non conformi, persone con disabilità. Anche tra chi partecipava all’evento finale erano presenti uomini, donne, persone cisgender e transgender, persone gay, lesbiche, asessuali, bisessuali, pansessuali e altri orientamenti – anche eterosessuali.
Tra le persone ospiti sul palco e tra lə artistə che si sono esibitə erano presenti persone nere e razzializzate, persone disabili, persone trans*, persone che hanno parlato della propria sieropositività per combattere lo stigma.
Crediamo fortemente anche nella presenza di alleatə che, seppur non facenti parte della nostra comunità, ci dimostrano il loro appoggio dando più forza e visibilità alle nostre istanze, portando la nostra causa a pubblici ampi.
Chi sale sul palco del Pride viene pagato?
No, tutte le persone che salgono sul palco dell’evento finale del Pride sono lì a titolo gratuito. Rimborsiamo le spese di viaggio o pernottamenti, qualora vi fossero. Lə artistə in Pride Square ricevono un gettone in quanto professionisti che portano la loro arte e questo ci permette anche di valorizzare i talenti emergenti.
Perché la parata del Pride non finisce (più) in Porta Venezia?
Siamo tuttə molto affezionatə a Porta Venezia, ci ha dato tanto e ha visto il Milano Pride crescere.
Le tre Pride Square che organizziamo con eventi e iniziative i due giorni prima del Pride – Bellintani, Lavater, Santa Francesca Romana – si concentrano proprio lì (e vogliamo continuare così).
La parata non può più terminare e passare da Corso Buenos Aires per tre motivi.
I numeri sono cresciuti tantissimo, quest’anno eravamo oltre le 300.000 persone: è una notizia fantastica, ma che rende difficile usare quel corso.
Il secondo motivo è connesso al primo, ma pensa soprattutto al tema accessibilità: se vogliamo allargarlo a tutta la comunità fare la parata in strade strette, in aree in cui manchino tratti ombreggiati o aree di sosta, in vie non adatte al transito delle carrozzine, eccetera, non è possibile.
Il terzo è che tornare in Buenos Aires significherebbe abbandonare la possibilità di svolgere l’evento finale su un vero palco e quindi tornare a quando l’allestimento delle strutture avveniva soltanto poche ore prima dell’inizio dell’evento, rinunciando quindi alla possibilità di avere (tra le altre cose) internet o elettricità, allaccio alla rete idrica o la presenza di un ospedale da campo attrezzato in grado di intervenire in caso di bisogno. Milano Pride si è fatto grande.
Ultimo dato interessante: nella storia la parata del Pride non è sempre passata o terminata in Porta Venezia; il Milano Pride, con la sua evoluzione, ha spesso cambiato percorso. Nato nel 2001, per più di 10 anni si è svolto fra i Bastioni di Porta Venezia, Palestro e Piazza del Cannone. Nel 2013 si decide di cambiarne il percorso: da Stazione Centrale a Porta Venezia. Nel 2013 eravamo in parata 50.000 persone e l’evento finale, nel tratto fra viale Tunisia e Piazza Oberdan, era di fatto seguito da 4.000 persone.
Oggi il Milano Pride ne coinvolge più di 300.000 e l’evento finale vede una partecipazione costante di pubblico che è di 10 volte superiore a quello che partecipava all’evento in Porta Venezia.
Perché il Milano Pride ha bisogno di sponsor?
Per due ragioni. La prima è perché un evento di questa portata costa tanto. Costa renderlo inclusivo, sicuro, piacevole, curato, partecipato, comunicato, servito.
Alcuni esempi: il palco costa; le professionistə che ci lavorano – da chi si occupa di tecnica alle persone interpreti della lingua dei segni – giustamente vanno pagatə; lo streaming dell’evento costa; il portare attivistə da diverse parti del mondo, come abbiamo fatto quest’anno con persone in arrivo da Russia e Nord Africa costa; i servizi di sicurezza e le assicurazioni costano; la strada verso un Pride più ecologico – il palco ad alimentazione elettrica, ad esempio – ha anche un costo; eccetera.
Costa tanto perché riteniamo che il volontariato sia una cosa straordinaria ma non debba costituire esso stesso un limite a ciò che si può realizzare e, per questo, abbiamo sempre voluto pagare equamente i vari fornitori di cui ci avvaliamo.
Le sponsorship ci permettono anche di mantenere l’evento finale pubblico, accessibile e gratuito, senza ricorrere a biglietti (purtroppo, non ci sono finanziamenti pubblici disponibili come avviene nel Nord Europa) e anche di sostenere i costi di alcuni carri delle associazioni.
La seconda ragione è che tramite le risorse raccolte dagli sponsor in questa occasione possiamo sostenere progetti per la comunità tutto l’anno (spieghiamo tutto nella prossima risposta).
Come vengono utilizzate le risorse raccolte durante il Milano Pride?
I soldi ricavati dalle sponsorship servono innanzitutto a coprire le spese sostenute per l’organizzazione di un evento così grande che, altrimenti, dovrebbero ricadere sulle associazioni no profit che lo organizzano.
La parte restante di quanto ricavato va ad alimentare il Rainbow Social Fund, un fondo che è stato istituito nel 2020 per sostenere progetti in ambito sociale, culturale e ambientale, mirati per esempio a sostenere persone più fragili, ad abbattere barriere e pregiudizi, a creare comunità e così via.
Nel tempo il fondo per esempio ha sostenuto diverse attività come Milano Check Point, MiX Festival, l’helpline Pronto e lo sportello legale contro l’omotransfobia del CIG, un progetto di housing assistito per richiedenti asilo politico LGBTQIA+, un rifugio per donne senza fissa dimora a Milano chiamato Casa Alba, un progetto artistico promosso da persone T, servizi e progetti curati da associazioni e collettivi e così via.
Per noi è un uso utile delle risorse che le aziende investono sul Pride.
Come scegliete gli sponsor del Pride?
La maggior parte delle aziende che accogliamo come sponsor inserisce la partecipazione al Milano Pride all’interno di un processo articolato che prevede la realizzazione di policy interne D&I (diversity & inclusion) a tutela dei propri dipendenti LGBTQIA+, al fine di costruire un ambiente di lavoro sicuro; spesso le aziende prevedono investimenti anche in altre attività a beneficio della comunità LGBTQIA+.
Sicuramente possono esistere aziende che si avvicinano al Milano Pride esclusivamente per una finalità di marketing e questo è per noi sempre oggetto di riflessione; è già capitato che non accogliessimo le proposte di alcune aziende perché non in linea con i valori del Pride.
Cerchiamo di fare del nostro meglio per trovare un equilibrio sostenibile su questo punto.
Crediamo anche che l’istituzione del Rainbow Social Fund ci permetta di fare un uso utile di queste risorse, che vengono reinvestite in progetti solidali.
Ma al Milano Pride si parla ancora di politica?
A volte l’attenzione mediatica si concentra più sullə VIP che ci fanno visita (o sui brand), ma al Pride si parla soprattutto di politica, attivismo, testimonianze, progetti dal basso.
Ogni anno viene elaborato un documento politico che sta alla base delle rivendicazioni su cui si vuole porre l’accento, elaborato collettivamente dalle associazioni del Coordinamento Arcobaleno. Il documento viene sempre presentato al Sindaco e alla stampa, oltre che pubblicato e divulgato.
Gli eventi nelle Pride Square hanno discusso di disabilità, dello stigma subito dalle persone con HIV, di politica italiana, della situazione delle persone LGBTQIA+ in alcuni difficili contesti internazionali, di persone migranti, di discriminazioni subite da chi è transgender, di crisi climatica.
Sono stati 37 eventi, fra cui 19 dibattiti e approfondimenti politici e 15 appuntamenti dedicati ad arte, letteratura, cultura e teatro queer o alla valorizzazione di giovanə artistə.
L’evento finale in Arco della Pace, prima di ospitare il concerto, ha offerto più di 4 ore di contenuti politici e sociali (qualcuno dice fin troppi – ma il pubblico ha resistito 🙂 grazie!), con oltre 40 attivistə.
Realizzare un evento che, dopo una certa ora, si trasformi in uno spettacolo e diventi una festa – leggera e accessibile a tuttə – è una scelta.
Non organizziamo un party ufficiale a pagamento in un locale ma preferiamo trattenerci in piazza, fino a tardi, con chi ha voglia di esserci.
Una celebrazione per tuttə.
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Progetti sostenuti
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